Osservate con quanta ostinazione e pervicacia la natura cerchi un varco ai propri limiti, tentando ogni alchimia possibile affinchè il miracolo si compia: la comparsa, qui sulla terra, dell’uomo-dio, dell’uomo che ha superato se stesso.
E come finora la determinazione e la volontà non siano state capaci di generare niente di più di un manipolo di mistici, condottieri di eserciti, pastori d’anime, musicisti, poeti, profeti, danzatori, domatori di spiriti della notte, sciamani, taumaturghi per grazia di dio.

Uomini che con sorte alterna hanno detto di sè io sono la verità -e quale uomo non l’ha detto. Illuminati, santi e portatori di luce così ciarlieri da far rimpiangere la prima notte senza stelle del primo uomo sulla terra. La notte che generò la percezione della presenza dell’assenza, e vide la nascita del de/siderio, e la fondazione della nostalgia.

E poi ancora uomini dotati di una straordinaria volontà di potenza ma calpestatori della vita, ipocriti e canaglie, che amano circondarsi di guitti, di preti e di serpi. Che si riducono ad essere padroni e mercanti di altri uomini, servi infine della propria inesausta sete di potere, e capri espiatori della propria cattiva coscienza.

E poi ancora uomini miti e silenziosi, uomini prudenti, così straordinariamente prudenti da apparire paurosi o imbelli. Soccorritori dimessi, mendicanti volontari, mesti imbacuccati, ma così straordinariamente ferventi da far baluginare dietro la maschera del santo il ghigno affilato della propria ferocia e della propria volontà di potenza. Uomini miti e silenziosi, uomini dimessi e prudenti. Imbroglioni e mistificatori dello spirito.

E poi ancora uomini che hanno cercato e incontrato la propria ombra. Uomini dotati di un anelito superiore, capaci di spingersi oltre tutte le colonne d’ercole del mondo. Uomini indomiti e temerari, che hanno colto frutti proibiti, pensato ciò che non doveva essere pensato. Che molto hanno camminato e cercato, là dove nessuno aveva osato. Ignorando limiti e divieti, spezzando nodi e rovesciando pietre di confine, idoli, feticci e simulacri del vero. Esploratori di mondi, creatori essi stessi di mondi. Uomini che hanno seguito così da vicino la verità, e che la verità ha infine, a colpi di coda, bacchiati e abbattuti, come nespole mature.

E poi ancora uomini dotati di una memoria straordinaria, ma privi di ogni visione del futuro. E uomini capaci di guardare oltre il muro, ma con un collo così lungo da non ricordare più dove hanno lasciato il cuore, e il culo.

E poi ancora uomini che hanno predicato la grande stanchezza “tutto è uguale, nulla vale la pena, il mondo è senza senso, il sapere soffoca”*. Sgozzati e strozzati uno ad uno dalla propria stanchezza, un mattino che essa si era svegliata particolarmente riposata.

alcuni nobili scelti in fuga dalla plebaglia, e il mistero gestaltico supremo, che a guardare tanta nobiltà non si distingue che un somaro solo.

coscienziosi scienziati dello spirito, gli ipertrofici e maniacali professionisti della conoscenza, coloro che “dove vogliono sapere vogliono essere onesti, e cioè duri, rigidi, rigorosi, spietati, inesorabili”*. I votati alla verità che se non è la più profonda non ne vogliono sapere, e fuori di questa di ogni altra cosa non ne vogliono sapere, e degli uomini dei mondi di mezzo – “i mezzi spiriti, tutti i brumosi, i fluttuanti, gli ispirati”*non ne vogliono sapere. Seguiteli, se ne avete il coraggio, nella tana profonda dell’animale a cui si sono votati. Triste spettacolo quello degli uomini a cui nessuno può darla a bere, lividi  e dissanguati, con il braccio proteso a dissetare la sanguisuga suprema -chiamatela amore supremo per la verità. “E’ con il mio sangue che accrebbi il mio sapere”*

E poi ancora i penitenti dello spirito, i poeti e i maghi che molto dichiarano di aver sofferto, e nei quali “come in un flauto la sofferenza ha scavato buchi così profondi che da essi esce melodiosa la musica dello spirito”.  I maestri di artifici, i trasfigurati e gli sciamani, che per tutto e per tutti hanno trovato un incantesimo, ridotti ad idioti balbettanti di fronte all’utima pagina dell’ultimo libro, ed era la pagina ed era lo specchio, che rimandava la stanchezza e il disgusto,  che nessuna menzogna o astuzia poté cancellare. I penitenti dello spirito, che hanno disincantato sè stessi, che contro sé stessi hanno volto la propria conoscenza, e il cui spasimo e la cui ricerca di grandezza hanno tradito e rivelato ogni mancanza di grandezza.

E uomini che si fecero grandi, gonfiati da mantici di boria, spiriti pieni di nulla e di vento, del medesimo spessore e della medesima consistenza di mongolfiere senza involucro.

E uomini che molto amarono, uomini che giunsero a nascondersi dietro l’amore, così bene da scomparire alla vista di sé stessi,  e uomini che molto disprezzarono, ma erano ancora uomini, solo uomini. E nell’amore e nel disprezzo persero e sommersero se stessi.

E poi ancora l’uomo più brutto, il più orribile a vedersi, colui che non potè sopportare di “essere visto in ogni istante da parte a parte” * (“Come potrebbe uno nascondersi a ciò che non tramonta mai?”**). L’uomo a cui chiesero un’indicazione per la cattiva strada e la cui risposta fu semplicemente “seguimi” e che nel cammino calpestò e lordò ogni cammino, ogni sentiero per ogni dove, ogni anelito di speranza e ogni sospiro di nostalgia: l’assassino supremo, l’assassino di Dio.

Sogno, in un pomeriggio di inverno, l’uomo che non esiste. Non una polvere d’oro a tracciare sentieri verso mondi lontani, ma una freccia di legno scoccata verso il tempo a venire.

* Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra
** Eraclito, Frammenti

 

  

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